Voci della seconda guerra mondiale

FERRUCCIO GAMBATO UNA RISCHIOSA DETENZIONE COL GIOVANE MIKE BONGIORNO

Ferruccio Gambato

Nel 1935 Ferruccio Gambato partecipò come militare alla guerra d’Africa.
L’ossessione di Mussolini era quella di creare un impero e di rilanciare il prestigio del fascismo, compromesso dalla crisi economica mondiale.
La propaganda di regime strombazzava uno slogan divenuto un martellante leitmotiv per obnubilare le coscienze e ottundere l’intelligenza: anche l’Italia avrebbe avuto il diritto di conquistarsi «un posto al sole».
Su quale fondamento giuridico, nessuno era in grado di dimostrarlo.
Ferruccio, partito da Napoli, fu addetto al trasporto delle derrate alimentari.
In età avanzata era solito raccontare dell’attonita meraviglia suscitata in lui e nei soldati italiani dalla vista degli altopiani ubertosi dell’Etiopia dove, con adeguate tecniche irrigue, sarebbe stato possibile ricavare anche due raccolti all’anno.
Tornato in Italia e arruolatosi nella Polizia di Stato, venne mandato a Mentone, divenuta allora territorio italiano.
Infatti tra il 1940 e il 1943, nel corFerruccio Gambato tessera di riconoscimento della Polizia di Stato so dei primi anni della seconda guerra mondiale, l’Italia invase militarmente alcuni territori francesi.
Un’occupazione che avvenne in due fasi successive: la prima nel giugno del 1940 a seguito della capitolazione francese dopo la vittoriosa offensiva tedesca; la seconda nel novembre 1942 quando Hitler decise di occupare la Francia di Vichy.

Attestato da parte del generale Alexander

In seguito Attestato da parte del generale Alexander fu trasferito a Luino.
Ed è qui che, nel febbraio 1944, avvenne l’episodio più drammatico della sua vita.
Un giorno ricevette l’ordine di recarsi a Voldomino insieme ad un collega per far luce sul furto di una bicicletta.
La refurtiva fu rinvenuta nella casa del panettiere milanese Oreste Ferrari e della moglie Ines.
I due agenti però, chiamati forse pretestuosamente per tendere loro una trappola, si accorsero della presenza all’interno dell’abitazione di un misterioso personaggio, un certo Johnny Peck, agente appartenente all’Intelligence Service che era entrato in contatto con l’organizzazione clandestina dell’ing. Bacciagaluppi.
Invece di rifugiarsi in Svizzera, Peck aveva rifornito il gruppo di commilitoni del S.
Martino e stava per organizzare un attentato alla linea ferroviaria Luino-Pino.
Ferruccio Gambato e il vicebrigadiere Guglielmo Satriani, al corrente della presenza dell’uomo, come simpatizzanti del movimento di resistenza in atto, finsero di non aver visto nulla.
In seguito arrestati con Johnny Peck, vennero tradotti nel carcere di San Vittore a Milano.
Nello stesso carcere era detenuto anche Mike Bongiorno, staffetta partigiana, catturato nell’aprile del 1944, a causa della delazione di una spia.
Ferruccio ricordava di averlo consolato quando il giovane italo americano disperava di poter uscire da quell’inferno.
Per questo motivo, quando in seguito giunse a Luino per presentare il canta giro, Ferruccio volle incontrarlo.

A destra Ferruccio Gambato

I due si abbracciarono, ricordando le tristi vicende che li avevano visti legati ad un incerto destino.
Mike Bongiorno, infatti, si era salvato dal plotone di esecuzione solo grazie al suo passaporto americano.
I detenuti di S.
Vittore erano utilizzati nel disinnesco delle mine e rischiavano ogni giorno la vita.
Una mattina Johnny Peck chiese a Ferruccio di rispondere in sua vece all’appello.
Poche ore dopo, il carcere fu bombardato dalle truppe alleate e Peck poté fuggire.
Qualche anno più tardi, Johnny Peck volle rivedere il vecchio compagno di sventura al quale portò in dono un diploma firmato dallo stesso comandante supremo delle forze alleate del Mediterraneo, generale Alexander.
Sul dorso Ferruccio portò per sempre le stigmate dei maltrattamenti subiti dai suoi aguzzini, che non gli risparmiarono scudisciate e frustate per costringerlo a rivelare i particolari della vicenda di cui era stato protagonista.
La testimonianza è stata resa dal figlio Mario e dalla nuora Alessandra Miglio.


by Emilio oliba